Affascinante fisiologia del nuovo regolatore nesfatin-1

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 21 gennaio 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Un team di ricerca giapponese guidato da Masatomo Mori nel 2006 identificava la molecola polipeptidica nesfatin-1, derivata dalla NUCB2 (NEFA/nucleobindin2), quale induttore di anoressia[1]. I ricercatori ne avevano accertato l’espressione nei nuclei ipotalamici preposti al controllo dell’appetito alimentare nel ratto, prendendo le mosse dalla riduzione dell’assunzione di cibo nei roditori per effetto dell’iniezione intracerebroventricolare di NUCB2 e dall’osservazione che un frammento amino-terminale derivato da NUCB2, appunto la nesfatina-1, è contenuto nel fluido cerebrospinale di ratto.

L’espressione di tale molecola nel nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, come ha rivelato la sperimentazione di Mori e colleghi, si riduce in condizioni di inedia e la sua iniezione intracerebroventricolare diminuisce la quantità di cibo assunto dall’animale in proporzione diretta alla dose somministrata. I ricercatori verificarono anche la promozione dell’appetito alimentare indotta da un anticorpo neutralizzante nesfatin-1, e registrarono la riduzione del peso corporeo indotta dalla somministrazione cronica, in contrapposizione con l’incremento ponderale indotto dall’iniezione cronica dell’oligonucleotide antisense morpholino contro la codifica del gene di NUCB2.

Altri aspetti interessanti di questa ricerca hanno contribuito ad indicare le caratteristiche del primo profilo fisiologico tracciato per questa molecola dai ricercatori giapponesi. Ad esempio, l’indipendenza funzionale dal sistema della leptina: l’anoressia indotta da nesfatin-1 si verifica nei ratti Zucker con una mutazione del recettore della leptina, e un anticorpo anti-nesfatin-1 non blocca l’anoressia indotta da leptina. In contrasto, l’iniezione centrale di α-MSH accresce l’espressione del gene di NUCB2 nel nucleo paraventricolare, e la sazietà indotta da nesfatina-1 è abolita da un antagonista del recettore della melanocortina-3/4.

Su questa base, i ricercatori guidati da Masatomo Mori considerarono la nesfatin-1 come una molecola della sazietà connessa alla segnalazione della melanocortina nell’ippocampo[2].

Oltre un decennio di ricerca ha profondamente mutato ed arricchito il quadro di conoscenze su questa molecola e Carla Schulz, con tre colleghi del Center of Brain, Behavior and Metabolism dell’Università di Lübeck in Germania, fa il punto in un’interessante rassegna pubblicata in questo mese.

(Dore R., et al. Nesfatin-1: functions and physiology of a novel regulatory peptide. Journal of Endocrinology 232 (1): R45-R65, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Internal Medicine, Center of Brain, Behavior and Metabolism, University of Lübeck, Lübeck (Germania).

I peptidi impiegati dai sistemi biologici con funzione di segnalazione hanno una lunga storia filogenetica, e in organismi molto semplici, quali i celenterati del genere Hydra, sono del tutto assenti l’acetilcolina e i neurotrasmettitori monoamminici, cioè le tre catecolamine e la serotonina, perché tutta la funzione di segnalazione è affidata a numerose e varie molecole peptidiche[3]. Più in generale, si può affermare che gli animali che occupano il più basso grado della scala zoologica fra quelli provvisti di un sistema nervoso, ossia gli cnidàri o celenterati, che comprendono gli anemoni di mare, i coralli, le meduse e il genere Hydra, hanno una rete nervosa fortemente peptidergica. Si ricorda, poi, che anche il lievito impiega peptidi bioattivi per comunicare. Su questa base si ritiene che la segnalazione affidata a molecole peptidiche costituisca un sistema filogeneticamente primitivo ma conservato nel corso dell’evoluzione, perché alcune sue peculiarità fisiologiche risultano utili pur in presenza di oltre 50 neurotrasmettitori e varie classi di ormoni, come accade nella nostra specie. Alcune differenze che distinguono i peptidi dai neurotrasmettitori classici e ne caratterizzano il profilo neurochimico e funzionale aiutano a comprendere la loro specificità nel contesto della fisiologia nervosa e dell’intero organismo.

I peptidi sono presenti nei tessuti a concentrazioni molto più basse dei neuromediatori classici e sono coerentemente attivi sui recettori a concentrazioni notevolmente inferiori. Ad esempio, le concentrazioni di ACh e NA nelle vescicole sinaptiche è nell’intervallo di 100/500 mmol/l, mentre la concentrazione di peptidi nelle tipiche vescicole dal grande nucleo denso è, al più, 3-10 mmol/l; corrispondentemente l’affinità dell’ACh per i suoi recettori è in un ordine che va dal micromolare al millimolare, mentre i peptidi si legano ai propri recettori in un intervallo dimensionale che va dal nanomolare al micromolare. Un’altra fondamentale differenza con i segnalatori non peptidici è data dalla biosintesi. I neuropeptidi derivano da precursori inattivi di maggiori dimensioni, che in genere sono costituiti da almeno 90 aminoacidi. L’esempio più semplice è quello della prolattina prodotta dall’ipofisi, che richiede solo la rimozione dal precursore della sequenza-segnale e la formazione di un ponte disolfuro. Anche la somatostatina non richiede un processo in vari passi: dopo la rimozione della sequenza-segnale è sufficiente una sola scissione. Al contrario, molti altri neuropeptidi, come quelli derivati dalla pro-oppiomelanocortina (POMC), prevedono una più complessa elaborazione biochimica.

Un’altra caratteristica interessante, comune ai precursori dei peptidi nelle specie filogeneticamente più antiche, è l’esistenza di più copie delle molecole bioattive nello stesso precursore, come esemplificato dalla famiglia peptidica FMRF-NH2, con 59  copie di peptidi simili codificati da 22 geni. I precursori con molte copie del peptide bioattivo sono meno frequenti nelle specie più evolute, anche se il precursore del TRH nel ratto contiene tre copie del tripeptide TRH.

Mentre i neurotrasmettitori convenzionali riempiono per sintesi locale piccole vescicole sinaptiche nei terminali giunzionali, i neuropeptidi sono sintetizzati nel soma cellulare, sequestrati nel lume della via secretoria e trasportati lungo l’assone mentre vanno incontro a scissione ed altri eventi di elaborazione molecolare. Le vescicole LDCV contenenti peptidi possono essere impiegate una sola volta. Dopo l’esocitosi, i costituenti della membrana LDCV devono essere reinternalizzati e distrutti o trasportati a ritroso fino al corpo cellulare per il riutilizzo. Sicché nessun riciclo dei neuropeptidi o dei loro immediati precursori si verifica al loro sito di rilascio o altrove. In proposito, si ricorda che il rilascio è un’altra area di differenze fra trasmettitori convenzionali e neuropeptidi, che sono secreti a concentrazioni di calcio citosolico molto più basse.

Prima di esporre in sintesi i contenuti della rassegna si riportano alcune nozioni introduttive sulla regolazione delle funzioni connesse con l’alimentazione, tratte da un articolo di recensione della scoperta del circuito rapido della sazietà, al quale si rinvia per una più dettagliata esposizione[4].

“Jeffrey Friedman e colleghi isolarono un ormone peptidico cui fu dato il nome di leptina (dal greco leptos che vuol dire snello, sottile) per il suo ruolo nell’accrescere il consumo di energia e ridurre l’assunzione di alimenti. La molecola, prodotta prevalentemente dagli adipociti in quantità direttamente proporzionali al grasso immagazzinato, agisce attraverso il legame a recettori della superfamiglia delle citochine alla periferia e nel cervello, dove giunge grazie al trasporto attraverso la barriera emato-encefalica. In condizioni fisiologiche, nelle persone con un peso nella norma, la leptina contribuisce alla riduzione dell’assunzione di cibo e all’aumento del consumo energetico, della lipolisi e della termogenesi. Nella maggior parte delle persone obese si rilevano alti tassi di leptina, come se il loro organismo fosse diventato insensibile o resistente all’azione del suo segnale. Esiste una rara condizione clinica dovuta ad una mutazione del gene ob che causa una vera e propria mancanza di leptina: tali persone, affette da obesità patologica con ipotermia, possono essere curate efficacemente con la somministrazione di leptina che progressivamente riduce il peso corporeo e normalizza la temperatura.

L’insulina, prodotta dalle cellule β delle isole di Langerhans del pancreas, presenta una correlazione positiva con la massa grassa e, come la leptina, riduce l’assunzione di alimenti e accresce la termogenesi. È stato osservato, provato sperimentalmente e confermato che, durante il digiuno, i livelli di leptina e insulina si riducono prima che si abbia la riduzione del grasso dei depositi, in tal modo le scorte adipose sono rapidamente reintegrate quando si riprende a mangiare.

La leptina e l’insulina circolanti si legano nel cervello ai recettori delle due popolazioni neuroniche prima menzionate che, come già ricordato, hanno sede nella formazione grigia dell’ipotalamo mediale che prende il nome di nucleo arcuato. Le due popolazioni rispondono in maniera opposta ai due ormoni peptidici ed hanno influenze opposte sull’equilibrio energetico.

L’antagonismo fra segnali anabolici e catabolici provenienti dal nucleo arcuato dell’ipotalamo è illustrato dall’azione del peptide AgRP che è fisiologicamente un antagonista endogeno dei recettori della melanocortina MC3 e MC4. L’agonista naturale di questi recettori è l’α-MSH secreto dagli specifici neuroni del nucleo arcuato quando l’organismo è in stato catabolico. L’AgRP blocca l’effetto dell’ormone di ridurre l’assunzione di alimenti, aumentare il dispendio energetico e ridurre l’immagazzinamento di grasso. L’iniezione del neuropeptide Y nell’ipotalamo innesca l’attività alimentare, promuove la lipogenesi e riduce il comportamento che consuma energia. Così, il rilascio di entrambi gli ormoni peptidici produce un feedback anabolico, effetti di feed-forward che favoriscono l’aumento di peso, mentre sopprimono la segnalazione nella via catabolica antagonistica. Proiezioni di neuroni del nucleo arcuato alle regioni paraventricolari e laterali dell’ipotalamo trasmettono la segnalazione veicolata da leptina e insulina circolanti[5][6].

Ritorniamo ora ai contenuti della rassegna qui recensita.

È interessante il fatto che il precursore NUCB2 della nesfatina-1 sia espresso tanto nei neuroni del sistema nervoso centrale quanto nelle cellule periferiche, anche se questa ubiquità non meraviglia nei peptidi, considerata la loro comparsa nella filogenesi quali prime molecole di segnalazione e la loro conservazione nelle specie più evolute accanto ad una gamma vasta ed articolata di neurotrasmettitori ed ormoni con ruoli di elevata specificità. Il NUCB2 prodotto alla periferia può entrare nel cervello grazie ad una diffusione transmembrana non saturabile; dunque la nesfatina-1 cerebrale non ha esclusiva origine endogena.

Evidenze sperimentali hanno dimostrato che, nell’ipotalamo e nel tronco encefalico, la nesfatina-1 recluta l’ossitocina, la melanocortina ed altri sistemi per esercitare la sua funzione di induttore di anoressia. Altri studi hanno rilevato una significativa espressione di NUCB2/nesfatin-1 nei neuroni di aree encefaliche appartenenti al circuito a ricompensa; tale rilievo ha suggerito l’ipotesi che la nesfatina-1 possa avere un ruolo fisiologico nella cosiddetta alimentazione edonica, ossia nelle condotte di assunzione di alimenti motivate dal piacere più che dalle esigenze metaboliche.

Al di là delle proprietà anoressizzanti, scoperte dal team di Masatomo Mori e studiate da numerosi altri gruppi di ricerca, in questo decennio sono state scoperte altre importanti funzioni della nesfatina-1, molte delle quali sono connesse all’omeostasi energetica, ossia dispendio energetico ed equilibrio del glucosio. Alcuni studi hanno accertato che la nesfatina-1, oltre ad essere  implicata in questi processi fisiologici, partecipa anche alle alterazioni dello stato metabolico; ad esempio, squilibri glicemici e della massa grassa dell’organismo hanno un impatto sulla sintesi e il rilascio di NUCB2 e/o della nesfatina-1.

Ma ciò che rende particolarmente interessante questa molecola sono i vari altri ruoli che svolge al livello dei principali sistemi dell’organismo. Esercita, ad esempio, azioni pleiotropiche al livello del sistema cardiovascolare e dell’apparato digestivo; interviene nella risposta allo stress e in prestazioni comportamentali. Altri studi hanno evidenziato una partecipazione ai processi fisiologici del sonno e della riproduzione.

Nonostante i progressi compiuti dalla ricerca sulla nesfatina-1, per i cui dettagli si rinvia alla lettura integrale del testo dell’articolo qui recensito, non è stato ancora identificato il suo recettore, né sono state avanzate ipotesi circa molecole che potrebbero avere questo ruolo. Si comprende l’importanza che avrà la scoperta dell’elemento recettoriale della nesfatina-1 per il tentativo di decifrare la ratio biologica del suo sistema molecolare di segnalazione e di conoscere i rapporti con i sistemi di principale interazione.

Un ultimo aspetto deve essere considerato quale obiettivo per studi futuri: non è stata operata una precisa dissezione di funzioni potenzialmente distinte della nesfatina-1 e del suo precursore NUCB2.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-21 gennaio 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Shinsuke Oh-l., et al. Identification of nesfatin-1 as a satiety molecule in the hypothalamus. Nature 443, 709-712, 2006.

[2] Shinsuke Oh-l., et al., op. cit.

[3] Grimmelikhuijzen C. J. P., et al. Invertebrate neurohormones and their receptors. Results and Problems in Cell Differentiation 26, 339-362, 1999.

[4] Roberto Colonna & Lorenzo L. Borgia, Scoperto un circuito rapido della sazietà regolato da α-MSH. In Note e Notizie 26-11-2016.

[5] Cfr. Shizgal P. B. & Hyman S. E. Homeostasis, Motivation and Addictive States, pp. 1095-1115, in Principles of Neural Sciences (Kandel, Schwartz, Jessel, Siegelbaum, Hudspeth) fifth edition, McGraw-Hill, 2013.

[6] Note e Notizie 26-11-16 Scoperto un circuito rapido della sazietà regolato da α-MSH.